MICAM pupularity increased so much lately that several governments, in particular in East Asia, have recently developed new programs for national companies operating in the footwear industry. According to our research's activity for business opportunities and market communication with China and Japan, it'd seem quite interesting the last support program presented by METI , Ministry of Economy, Trade and Industry of Japan.
To help the Japanese leather shoe industry cultivate overseas markets, the Ministry of Economy, Trade and Industry will set up a Japanese booth in MICAM SHOEVENT, which is the largest international footwear exhibition in the world and will take place in Milan, Italy. By providing the exhibition space, METI will support participation of Japanese companies in the fair.
This is the first time that a Japan booth will be established at MICAM under the auspices of the Japanese government. There will be 16 Japanese leather shoe manufacturers showing their products, advertising the excellent quality and design of leather shoes made in Japan to foreign buyers.
It's very easy to understand why Japanese Government, despite the recent recession, is promoting business support in this field. According to the latest research edited by ANCI, (National Association of italian shoe factories) in the 2007 national exportation's volume of 6% has been rapresented by shoes exportations into Asian Markets, for about 7 million of shoes.
The most important market, of course, is Japan (194 million of euros) but compared to 2006 the market registered a decline of sales (about 8%). Indeed so surprising are the sale values in Hong Kong, (+23,6%) and obviously in China (22,7%). But the most important country for sale's volume that recently is always increasing is rapresented by India. In the last year indian market registered the surprising selling growth of 519%!! We have also to consider the importance of South Corea (+11,9%) probably the most strong market for retail's and online sells.
On the following the italian interview with Dr. Leonardo Soana, Managing Director of ANCI - the article is edited by Emanuele Confortin, in collaboration with Corriere Asia, our media partner. English version available on request.
Dall'Anci ottime prospettive per l'export di calzature italiane in Asia.
La storia è nota: con la globalizzazione dei mercati e l'evoluzione dei modelli competitivi, l'Asia è riuscita in breve a far sentire il proprio peso. Paesi come Cina, India, Vietnam, Indonesia e Tailandia, hanno saputo assecondare le nuove esigenze produttive giunte soprattutto da Occidente, innescando una rapida corsa agli investimenti e alla delocalizzazione. Fiumi di euro e dollari hanno iniziato a trasformare il volto delle capitali prima e delle città industriali poi, portando assieme a grattacieli e autostrade, anche ricchezza e nuovi bisogni. Del resto si sa, la crescita economica va a braccetto con il consumismo, e soprattutto nel caso dell'Asia l'alchimia si è trasformata in opportunità da non perdere. Parliamo di mercati dal potenziale inesauribile, forti di miliardi di individui sempre più attenti a ciò che il mondo può offrire, e perché no, disposti anche a spendere. Siamo qui in un ambito vitale per il futuro delle economie occidentali, ovvero la creazione di opportune strategie di penetrazione commerciale in Asia. Partecipa al gioco anche l'Italia, con molte imprese in grado di offrire innovazione, gusto e qualità, ingredienti principali dell'Italian Style. Tra i prodotti simbolo della tradizione industriale italiana, quelli più conosciuti e apprezzati al mondo sono le calzature. Siano queste in pelle o tessuto, da uomo o da donna, aperte o chiuse, le scarpe italiane detengono una posizione di leadership nei mercati internazionali, soprattutto in Europa e America, ma come vanno le cose in Asia? Riferendo alle elaborazioni Anci (Associazione Nazionale Calzaturieri Italiani) su dati Istat, si nota che nel 2007 l'Asia ha originato il 6,0% del giro d'affari totale, pari a quasi 7 milioni di calzature. Interessante notare come qui confluiscano le calzature più costose (in pelle da passeggio), pari ad un prezzo medio di 59,54 euro, rispetto ai 23,07 euro di quelle vendute in Europa e 39,81 euro del Nord America. In testa il Giappone, con 194 milioni di euro (-8,0% rispetto al 2006), segue Hong Kong con 91,323 milioni di euro (+23,6%), poi Corea del Sud 51,495 milioni (+11,3%), Cina 25,16 milioni (+22,7%), Taiwan 15,492 milioni (+1,4%), India 9,048 milioni (+515,9%). A compendio delle valutazioni statistiche, abbiamo chiesto il parere del dott. Leonardo Soana, direttore generale di Anci Calzature, associazione che rappresenta 800 aziende italiane di settore.
Emanuele Confortin: dottor Soana, non ci sono dubbi sul fatto che l'Asia costituisca un'opportunità da non perdere per i calzaturieri italiani, ma qual è la loro percezione dei mercati orientali?
Leonardo Soana: certo, l'Asia ha molto da offrire, le aziende italiane se ne sono accorte e si stanno muovendo di conseguenza. In alcuni casi come in Giappone si può parlare di mercato maturo, almeno nel contesto asiatico. Vengono poi altre realtà sulle quali stiamo spingendo assieme per incentivare l'esportazione dei nostri prodotti.
E.C.: tanto per chiarire, immagino si parli di calzature di alta qualità?
L.S.: assolutamente, in Asia hanno senso prodotti di fascia media e medio alta, oltre al lusso ovviamente. Sarebbe impensabile andare a proporre calzature di bassa qualità, magari in Cina, dove ogni anno vengono prodotte 9 miliardi di scarpe di tutte i tipi. Dobbiamo distinguerci, e la qualità è un modo per riuscirci.
E.C.: secondo la vostra esperienza quali sono i Paesi più ricettivi?
L.S.: come detto il Giappone, poi vengono Sud Corea e Hong Kong, qui si può dire di aver ottenuto dei risultati positivi. Poi c'è la Cina, forte di centinaia di milioni di persone che hanno visto mutare radicalmente le proprie possibilità di spesa, e allo stesso tempo sembrano cogliere le differenze tra un prodotto scadente e uno di qualità. Per il momento ci stiamo muovendo a Pechino, poi verrà Shanghai. Resta comunque il fatto che la Cina è ostica, non per mancanza di interesse verso i prodotti, ma per l'inadeguatezza della rete distributiva. Questo è un limite che dovrebbe sparire progressivamente, lo dimostra anche l'apertura del Governo, il quale ha ridotto i dazi sull'importazione dal 20% al 10-12%, lasciando trasparire una atteggiamento di apertura da non sottovalutare.
E.C.: mi stupisce che non si parli di India. Senza dubbio gli ingredienti ci sono tutti: economia in forte crescita, metropoli moderne, un mercato potenziale di centinaia di milioni di persone, e cosa non secondaria una percezione del gusto vicina alla nostra e più evoluta rispetto ai cinesi. Immagino vi stiate muovendo anche qui?
L.S. guardi, a dire il vero l'India è un mercato problematico e difficile da approcciare. Hanno dei dazi elevati, doppi rispetto alla Cina. Poi sono ottimi produttori di calzature, con 700 milioni di pezzi all'anno, quindi riescono a coprire buona parte del mercato interno. C'è stato un tentativo a New Delhi nel passato, con una fiera dedicata alle calzature italiane ma non ha avuto molto successo. Poi abbiamo lasciato stare.
E.C.: non crede che un tentativo e via sia un po' poco per un mercato come quello indiano?
L.S.: il fatto è che noi ci muoviamo come sistema, quindi riunendo diverse aziende dobbiamo darci delle priorità e puntare sulle realtà che al momento danno maggiori prospettive. Concordiamo sul fatto che l'India sia destinata a diventare un mercato importante, così come confermato dai rapporti Ice, e nel futuro ci torneremo.
E.C.: fino ad ora ha accennato ad alcune difficoltà, ci racconta qualcosa di più in merito?
L.S.: non è un segreto che in Asia si concentri la produzione mondiale di calzature, il che permette ai singoli Paesi produttori di riuscire a coprire buona parte della domanda interna, ecco perché vendono esclusivamente i prodotti di lusso. Poi la questione dazi, in alcuni casi talmente alti da inibire l'approccio commerciale da parte degli esportatori. Segue la mancanza di una rete di distribuzione reale, ragion per cui l'ideale l'apertura di negozi monomarca, soluzione non accessibile a tutti.
E.C.: e per quanto riguarda Vietnam, Tailandia e Indonesia?
L.S.: anche in questo caso parliamo di economie vivaci, in rapida crescita, tuttavia siamo all'anno zero in quanto non abbiamo ancora tentato un approccio.
E.C.: passando a questioni pratiche, è risaputo che la base per una penetrazione commerciale efficace passa per l'individuazione di partner locali. Nel vostro caso che tipo di rapporti vengono ad instaurarsi?
L.S.: i partner locali sono indispensabili, così come lo è la presenza di personale italiano dedicato a questo particolare Continente. Solitamente vengono stabiliti degli accordi con importatori, tuttavia in Giappone si lavora anche avvalendosi di distributori.
E.C.: bene, una volta valutate le potenzialità di un mercato asiatico, individuato il partner locale e presentate le prime collezioni, quali sono i tempi indicativi per riuscire ad ottenere dei risultati?
L.S.: è difficile dare una risposta valida per tutti. Dipende da quanto un'azienda investe e crede nel progetto, comunque potremmo parlare di almeno due anni.
E.C.: Esistono fiere interessanti per le nostre calzature? E quali vanno per la maggiore, da uomo o da donna? L.S.: Vendono meglio le calzature da donna, piace molto un prodotto moda, in pelle. Bene anche l'uomo, in questo caso va il classico. Per quanto riguarda le fiere, sono concentrate in autunno e primavera. L'unica fiera internazionale della calzatura in Asia è l'Aplf (Asian Pacific Leather Fair) ad Hong Kong (quest'anno dal 2 al 4 ottobre, bissata ad aprile). Poi viene Shoes From Italy, due eventi dedicati alle calzature italiane, ai quali partecipano 50 aziende, organizzati da noi in collaborazione con l'Ice: a Tokyo dal 7 al 9 ottobre, a Pechino dall'11 al 13 ottobre, e riproposti ad aprile.
E.C.: un prodotto di qualità è importante per vendere, ma quanto incidono delle opportune strategie di comunicazione?
L.S.: sono fondamentali. È importante la presenza alle fiere, così come riuscire a formare nel modo corretto i partner asiatici cui spetterà poi la diffusione dei prodotti. Devono essere in grado di vendere ovviamente, e di farlo bene, ovvero trasmettendo il concetto di un prodotto frutto di tradizione e stile italiano. Ovvio che non guasterebbe nemmeno il supporto pubblicitario, se non su stampa e media, almeno a livello di visual merchandising nei punti vendita, in modo da distinguere il più possibile il brand.